UN ASSAGGIO DEL LIBRO




10 AGOSTO 1964

Il motoscafo Riva balza sulle onde e ricade, con tonfi ritmati e spruzzi bianchi. L’aria scompiglia i ricci di Rosa, le accarezza il viso e le spalle con brividi salati. Se ne sta aggrappata al bordo, lo sguardo incantato sul mare dell’Elba, con un’emozione che ogni volta la sorprende. Eppure gliel’ha presentato Isabella quando era piccola. Era la prima vacanza senza fratelli genitori e nonna. La prima vacanza lontano da Rimini. 

Alessandro Maffei regge il volante e spinge il motore al massimo. Anche lui, con quell’aria da lupo di mare, i muscoli tesi e lucenti, gli occhiali da sole azzurrini, è uno spettacolo. Isabella, sdraiata sul materassino bianco a poppa, succhia un’aranciata con la cannuccia e guarda suo padre proprio nello stesso modo in cui Rosa guarda il mare.

Nella baia della Fetovaia il motoscafo rallenta; non ci sono onde, l’acqua è una tavola di vetro turchese. 

«Ragazze, ci fermiamo qui». 

Alessandro getta l’ancora, si tuffa con un arco perfetto, sparisce sott’acqua, riemerge lontano. Grida «Buttatevi, è stupendo!».

Isabella e Rosa, tenendosi per mano, si tuffano di piedi e sprofondano in un altrove magico. I capelli fluttuano come alghe sopra ai loro volti azzurri, i corpi leggeri si allacciano in un girotondo silenzioso, le bocche ridono con nuvole di bollicine. 

Poi tornano a respirare, e, in lente bracciate, arrivano alla spiaggia.

Rosa si stende sulla sabbia tiepida con gli occhi chiusi, nel mormorio della risacca e nel grido alto degli gabbiani. Non so dove i gabbiani abbiano il nido, ove trovino pace. Io sono come loro, in perpetuo volo.  

Poi un brivido improvviso e la risata di Isabella, che scrolla su di lei le mani bagnate.  

«Alzati, pigrona! Non sai che noi siamo sirene? Il mare è tutto nostro». 

E la trascina nell’acqua trasparente, in un gioco che non ha riposo.

Fino al richiamo: «Tutte a bordo, si mangia!».

Nell’ombra del tendalino le aspettano bruschette di pane toscano con pomodoro e basilico, pecorino fresco, prosciutto tagliato a mano; una bottiglia di vino dorato riposa in un secchiello di cubetti di ghiaccio. Il padre di Isabella offre alle ragazzine due calici appannati. Rosa prova a rifiutare.

«Dai, è leggero, cosa vuoi che ti faccia? Vino dell’Elba, sole e mare. E chi ci ammazza, bimbe?».

Mangiano e bevono, parlano dello scirocco così caldo, degli esami appena finiti, delle scuole da grandi che a ottobre inizieranno.

Poi Isabella si sdraia sul materassino bianco, si stira con mosse da gatta, e si appisola, cullata dal dondolio del motoscafo. Suo papà si stende vicino a lei. Troppo vicino. I loro piedi si intrecciano.  

Rosa, seduta a prua, guarda altrove. Segue i gabbiani che volano come alianti, si tuffano, risalgono nell’azzurro. 

La vita la sfioro com’essi l'acqua ad acciuffare il cibo. Il costume umido le stringe la pancia. Un brivido freddo, un sorriso amaro. E chi mi ammazza. 


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